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Le straripanti vicende del filosofo più influente di Roma

La filosofia della Mangusta 04.02

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Le straripanti vicende del filosofo più influente di Roma

De: Zap Mangusta
Narrado por: Zap Mangusta
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Acerca de este título

Capitolo IV - Seneca

Perché abbiamo bisogno di Seneca oggi? Perché è uno di noi. Che vive in mezzo ai casini, barcamenandosi. E per questo predica bene, ma spesso razzola male. E dunque ci insegna ad accettare le nostre contraddizioni. Perché ci aiuta a lottare contro i nostri fantasmi e ad accettare la provvisorietà della vita. E ci insegna a fronteggiare le difficoltà, con la forza delle nostre convinzioni. Perché leggerlo è un balsamo per l'anima. Perché non ci dice dove andare a cercare la felicità, ma ci suggerisce che equipaggiamento indossare per la ricerca. Perché ci educa all'arte del funambolo che afferra al volo ogni opportunità. Perché ci dice di non preoccuparci del tempo che passa, ma di pensare piuttosto a come impiegarlo al meglio. E infine perché ci consiglia di trattare la morte con simpatia. Come un' amica intrigante che ci cammina a fianco sin da quando siamo nati e condivide le nostre esperienze. Con curiosità. La stessa che noi dobbiamo avere nei confronti della vita.

Episodio 2 - Le straripanti vicende del filosofo più influente di Roma

La vita di Lucio Anneo Seneca sembra un film di avventura tra i più avvincenti. Figlio di un cavaliere benestante, nasce a Cordova e, a causa di una seria malattia ai bronchi, è costretto a fare la spola tra l'Egitto e la Spagna. Procuratore di grido, nel giro di pochi anni diventa senatore. I suoi successi gli procurano fama e ammirazione, ma sono anche la causa delle sue disgrazie poiché l'imperatore Caligola, per invidia del suo talento, lo condanna a morte. Si salva grazie all'intercessione di una donna, ma esiliato deve riparare in Egitto.

Torna presto a Roma, ma l'imperatore Claudio, succeduto a Caligola, lo manda nuovamente in esilio in Corsica. Viene richiamato a Roma da Agrippina, che gli affida l'educazione di suo figlio Nerone. E così quando questi, a sedici anni, riceve in dono l'Impero, Seneca ne diventa il consigliere, divenendo a tutti gli effetti l'uomo più influente di Roma, che a quel tempo era la città più influente del pianeta.

Riesce a fare un quinquennio di cose notevoli, ma, a causa del carattere instabile di Nerone, quella stagione dura poco. L'imperatore infatti si dimostra sempre più insofferente alla tutela e molto incline a comportamenti dispotici. A questo va aggiunta la torbida figura di Agrippina che, attraverso il filosofo, pensa di poter controllare il figlio per gestire, a sua volta, il potere.

Stretto in una morsa di equilibri difficili, Seneca viene costretto a concedere il proprio assenso a una serie di misfatti ripugnanti. Quindi, constatando il proprio fallimento di consigliere dell'Impero, si assume il peso morale degli eventi e chiede all'imperatore di potersi ritirare dalla vita pubblica per dedicarsi esclusivamente alla ricerca filosofica. Sono questi gli anni de "Le lettere a Lucilio" e delle sue opere migliori. Non riesce però a star lontano dalla politica e partecipa ad una congiura per ribaltare l'imperatore. Questa viene scoperta e repressa in malo modo. Molti dei congiurati vengono condannati a morte, a Seneca, in virtù del suo prestigio, viene concesso il privilegio di potersi togliere la vita. Lo fa con straordinaria dignità ed efferata ferocia; tagliandosi le vene dei polsi e delle gambe immergendosi nell'acqua calda, quindi bevendo il veleno: "È importante morire bene", dirà, "significa sfuggire al pericolo di aver vissuto male".

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